Riceviamo e pubblichiamo, ringraziandolo per l’attenzione, la risposta del Ministro Dario Franceschini alle dieci domande sulla riforma del MiBACT dell’Associazione Bianchi Bandinelli.
Accolgo con piacere la opportunità di rispondere alle 10 domande indirizzatemi dall’Associazione Bianchi Bandinelli. Alcune non riguardano la Riforma del Ministero attuata con il dPCM n. 171 del 2014, ma sono ben lieto di fornire comunque elementi di risposta.
1.Sa il ministro Dario Franceschini come sono state ridotte le strutture che gestiscono i musei e i luoghi della cultura del nostro paese? Sa il ministro che il personale scarseggia drammaticamente e che un’organizzazione burocratica rende la gestione quotidiana e la programmazione di ogni attività una corsa a ostacoli?
Sì, lo so bene. E proprio per questo abbiamo operato una riforma che il Paese attendeva da decenni. Lo strumento a disposizione non consentiva di intervenire sulle dotazioni organiche, anzi, ne presupponeva la riduzione. Il prossimo passo sarà proprio quello di investire in formazione in nuove assunzioni. Proprio per questo la riforma ha previsto una apposita Direzione Educazione e Ricerca. Ho trovato un Ministero che investiva 36.000 euro l’anno in formazione. Tutto questo, con la riforma, cambierà.
2. Non sarebbe più sensato, signor ministro, riformare le strutture museali e metterle in condizioni di lavorare al meglio invece di sganciarle dalle soprintendenze pensando che un grande direttore venuto dall’estero possa governare una macchina che funziona così male? Lei sa che all’estero i direttori sono affiancati da strutture amministrative e finanziarie forti e che tali strutture da noi non esistono?
Quello che appare più sensato è quanto si è fatto per decenni in Italia, senza mai cambiare nulla. Era proprio Bianchi Bandinelli negli anni Sessanta ad osservare che i soprintendenti erano sommersi dall’attività burocratica e che non potevano più neanche studiare. Tenuto conto di quanto oggi si è evoluto il concetto di museo e quanto siano aumentate le esigenze della collettività in termini di domanda di cultura, come può un soprintendente, una sola persona, fare tutto? E soprattutto, come è possibile valutarlo? I direttori dei musei saranno scelti tra i migliori al mondo, siano essi italiani o stranieri, e potranno progressivamente contare su strutture amministrative e finanziarie all’altezza. Strutture che mai avremmo avuto se avessimo mantenuto l’impianto con un soprintendente chiamato a tutelare l’intero territorio e a programmare l’offerta culturale dei musei.
3. Il ministro sa che se schiere di bibliotecari, archivisti, archeologi, storici dell’arte super preparati – per lo più lavoratori atipici pluri-laureati, specializzati o addottorati – non affiancassero da anni i funzionari in continua diminuzione del Mibact, le biblioteche, gli archivi di Stato come degli enti locali, i musei e gli istituti centrali di riferimento sarebbero alla paralisi?
Sì e mi auguro continuino a farlo, dato che la riforma non li penalizza alcun modo, ma al contrario aprirà nuove prospettive di carriera per queste professionalità.
4. Il ministro non si accorge che un provvedimento come quello sui 2 mila volontari, che segue altri provvedimenti presi in precedenza, rischia di non contrastare, ma semmai di incentivare il precariato, non garantendo né preparazione professionale né alcuna prospettiva lavorativa?
I 2000 giovani del servizio civile, come i giovani tirocinanti del Fondo “1000 giovani per la cultura” sono iniziative che erano già state attivate quando sono diventato Ministro. Non sono volontari, ma retribuiti, purtroppo poco ma secondo le regole di legge. Mi sono limitato a indirizzarli verso le aree più bisognose di interventi e in maggiore sofferenza, come ad esempio i settori degli archivi e delle biblioteche. Sono iniziative tese a formare e potenziare professionalità, in attesa di nuovi concorsi pubblici per selezionare i più capaci e meritevoli. Poi il Servizio Civile per i giovani è una grande esperienza sociale e individuale, frutto di una ispirazione progressista, da valorizzare non da indicare come un modo per sottrarre posti di lavoro, come mi è capitato di leggere.
5. Non sembra al ministro che la tutela e la valorizzazione del pluristratificato patrimonio culturale del nostro Paese richiedano specifiche competenze, che solo rigorosi concorsi pubblici sarebbero in grado di assicurare alle istituzioni, piuttosto che generici riferimenti al management?
Assolutamente sì. E nessun documento ufficiale della riforma opera generici riferimenti al management. La selezione del personale del Ministero avverrà in modo rigoroso, in modo da poter assumere i migliori. Ne é un esempio la norma del d.l artbonus sui musei, che ha previsto la possibilità di una selezione pubblica, aperta a tutti, interni ed esterni, che saranno esaminati da una commissione di esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale. Per nessun altro ufficio dirigenziale dello Stato è prevista una simile procedura.
6. Stando alle previsioni contenute nella riforma, i dirigenti per le biblioteche in tutta Italia sono 6, 10 quelli per gli archivi a fronte dei 36 per musei e poli museali. Non sembra al ministro che questo sia un singolare concetto di riequilibrio fra i 3 diversi tipi di istituti della cultura presenti all’interno del Mibact?
I numeri sono in realtà diversi. Contando anche le strutture centrali, per biblioteche e archivi sono 36 su un totale di 147. Per i musei sono 37 su oltre 400 musei e luoghi della cultura. Considerato che prima per i musei i dirigenti erano 3, mi sembra che il riequilbrio fosse giusto e indispensabile.
7. Che cosa accomuna, secondo il ministro, un museo, una biblioteca o un archivio al punto da immaginare numerosi accorpamenti? Non sembra al ministro che la funzione di questi ultimi istituti sia quella di erogare servizi alla comunità, incrementando le proprie raccolte, conservando quanto si produce sul territorio nazionale, promuovendo reti informatiche, mettendo a disposizione prodotti digitali, fornendo strumenti di accesso all’informazione sempre più avanzati?
Innanzitutto è la nostra legislazione ad accomunarli, definendoli tutti e tre “istituti della cultura” (articolo 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). La funzione di erogare servizi alla comunità è propria anche del museo, almeno come esso dovrebbe essere inteso, anche con riguardo alla sua missione educativa. Tutti aspetti purtroppo mai realizzati in Italia. Gli accorpamenti, inoltre, non saranno numerosi, ma limitati da ragioni di carattere storico-culturale o logistiche, al fine di potenziare le strutture e non certo penalizzarle.
8. Perché, secondo il ministro, un bibliotecario o un archivista non avrebbe motivo per sentirsi svilito nell’essere assorbito in un museo e diretto da un dirigente con altre competenze selezionato con un concorso internazionale?
Perché continuerà a svolgere le sue funzioni di bibliotecario o di archivista, ma all’interno di un progetto culturale comune, rispettoso delle specificità di ognuno e soprattutto dell’autonomia tecnico-scientifica degli istituti. E perché prima della riforma quello stesso bibliotecario o archivista dovevano comunque dar conto come superiore gerarchico a un direttore regionale “generalista”, mentre dopo la riforma faranno capo rispettivamente al Direttore generale Biblioteche e al Direttore generale Archivi.
9. Come pensa, ministro, che possano essere svolti efficacemente i servizi bibliografici e bibliotecari nazionali, quando ai direttori delle due Biblioteche nazionali di Roma e Firenze si ritiene di poter affidare la guida di altre biblioteche del territorio, fra loro diversissime per funzioni?
Non credo proprio succederà questo. La possibilità di avere poli bibliotecari, fortemente chiesta dagli stessi bibliotecari, potrà avere luogo solamente ove necessaria ad ottimizzare l’impiego delle risorse e a potenziare il sistema bibliotecario nazionale. Ma la mia opinione è che le due biblioteche nazionali mantengano la loro specificità e autonomia.
10. Ritiene sia possibile l’attività di sorveglianza sugli archivi correnti degli uffici periferici dello Stato senza la presenza di dirigenti in grado di far rispettare le norme più importanti per la conservazione della memoria contemporanea?
Mi pare che questa domanda sia piuttosto in contraddizione con la domanda n. 3… In ogni caso, mi sembra difficile che sia imputabile alla Riforma questo rischio. Prima vi erano 20 dirigenti per 101 archivi e negli 81 diretti da ottimi funzionari – senza contare le 34 sezioni staccate – non si verificava quanto paventato dalla vostra domanda. In più la scelta tra archivi con o senza dirigente spesso non derivava da ragioni di consistenza dei fondi o di importanza storica ma da pressioni territoriali o di tutela di percorsi individuali.
Grazie dell’occasione per esporre alcuni principi delle riforma.
Dario Franceschini
Collegamento alla risposta della ABB al Ministro